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Arabia
Abilità esclusiva

L'ultimo Profeta

Ricevi automaticamente l'ultimo Grande Profeta quando il penultimo viene preso da qualcun altro (se non hai già ottenuto un Grande Profeta). +1 Scienza per ogni città straniera che segue la religione dell'Arabia.

Contesto storico
Qualche mese dopo aver compiuto il suo "Pellegrinaggio dell'Addio" (che avrebbe dato origine alla tradizione dell'Hajj), all'età di 62 anni, il Profeta Maometto si ammalò e morì a Medina nel giugno del 632 d.C. Secondo la tradizione sunnita, i suoi seguaci scelsero Abu Bakr al-Siddīq come Amir al-Mu'minin ("Comandante dei fedeli"), successore di Maometto e primo dei califfi Rashidun. I musulmani che seguono la Shi'a, invece, sostengono che il successore spirituale e temporale prescelto dallo stesso Profeta fosse Alì, suo genero e cugino. Questa divisione ha dato origine a uno scisma che dura ancora oggi.

Sotto la guida di Abu Bakr e dei suoi tre abili successori, che governavano da Medina, i guerrieri dell'Islam, galvanizzati dalla visione del Profeta, attraversarono come una tempesta i deserti e le pianure in ogni direzione, conquistando Persia, Siria, Egitto, gran parte dell'Anatolia e la costa Nordafricana. Tra il 650 e il 655 ai territori controllati aggiunsero le isole greche di Cipro, Creta e Rodi e gran parte della Sicilia, arrivando a bussare alla porta dell'impero bizantino. Nel 655 l'imperatore di Bisanzio Costanzo II condusse personalmente una flotta contro gli arabi, perdendo 500 navi e salvandosi a malapena egli stesso. Al suo apice, il califfato dei Rashidun arrivò a essere il più grande impero mai visto.

Sotto questo primo califfato arabo i paesi conquistati erano trattati con relativa benevolenza, in accordo con gli insegnamenti di Maometto. I monoteisti (cristiani, ebrei, zoroastriani e altri) avevano la possibilità di convertirsi: in tal caso ricevevano tutti i diritti e le protezioni (e i doveri, naturalmente) dei cittadini islamici. I non musulmani potevano continuare a seguire la loro fede, ricevendo addirittura diritti legali secondo le rispettive scritture, sempre che queste non fossero in conflitto con il Corano. Era una dottrina piuttosto tollerante, che avrebbe funzionato ottimamente nei califfati arabi per secoli.

L'amministrazione della Dar al-Islamiyyah ("Casa dell'Islam") rappresentava anche la volontà di Allah, così com'era stata espressa da Maometto. Sotto il califfo Umar, secondo emiro di tutta l'Arabia, l'impero in espansione fu suddiviso in dodici province, ognuna governata da un Wali ("custode"); a ogni provincia erano assegnati altri sei ufficiali, dal Sahib-ul-Kharaj (esattore delle tasse) al Qadi (giudice supremo). Umar istituì un severo codice di condotta, con punizioni orribili in caso di violazione: ogni anno gli ufficiali dovevano compiere l'Hajj alla Mecca per rispondere di qualsiasi lamentela mossa nei loro confronti da chiunque. Per mitigare la corruzione e gli abusi di potere, il califfo specificò per legge che gli ufficiali dovessero ricevere un ricco stipendio. In seguito Umar fu assassinato da alcuni fanatici persiani, ma le sue politiche per l'amministrazione del grande impero restarono in vigore per secoli.

In seguito all'assassinio del terzo califfo Uthman, nel 656, il successore prescelto fu Alì, l'erede sostenuto dai seguaci della Shi'a. Ma il governatore della Siria Mu'awiya, un parente di Uthman, con il sostegno dei sunniti invocò la vendetta contro gli assassini, che avevano la loro base nella città di Basra. Alì glielo proibì, perché i musulmani non avrebbero dovuto fare la guerra ad altri musulmani. Nella successiva, prima guerra civile islamica (uno scontro a tre fra Alì, Mu'awiya e i kharigiti) il califfo dovette cedere lentamente la maggior parte dei suoi territori a Mu'awiya. Poi nel 661 Alì stesso fu assassinato dai kharigiti, all'interno di un elaborato complotto per uccidere tutti i leader islamici. Sfortunatamente per i kharigiti, Mu'awiya rifiutò di farsi liquidare: dopo essersi accordato con l'ultimo figlio sopravvissuto di Alì, ottenne il califfato, fondò la dinastia degli Omayyadi e schiacciò i kharigiti come insetti.

Gli Omayyadi non durarono a lungo, meno di cent'anni, ma in questo lasso di tempo riuscirono a travolgere chiunque si trovasse nel loro raggio d'azione tranne i bizantini. Dalla loro capitale a Damasco, abili califfi come ibn Marwan (685-705) e Solimano (715-717) portarono il vessillo dell'Islam fino al Caucaso, in Maghreb, nel subcontinente indiano, in Andalusia, a Samarcanda, in Transoxiana, nel Khwārizm, eccetera eccetera. Così facendo costruirono il quinto impero più grande mai conosciuto nella storia della civiltà.

Essendo guerrieri ma anche costruttori, gli Omayyadi lasciarono un'impronta indelebile sulla civiltà stessa. Abd ibn Marwan, per esempio, elevò l'arabo a lingua ufficiale dell'impero, standardizzò la moneta nei paesi islamici, organizzò un sistema postale, riparò la Kaaba alla Mecca e, come ciliegina sulla torta, costruì la Cupola della Roccia a Gerusalemme. Le imprese architettoniche continuarono con i suoi successori: il figlio costruì la moschea Al-Aqsa di fronte alla Cupola della Roccia e la Grande Moschea di Damasco, sviluppò una vasta rete di strade, scavò pozzi e fece tagliare passi attraverso le montagne (più che altro affinché li usassero i suoi eserciti, ma favorendo così anche il popolo). La tolleranza religiosa era all'ordine del giorno: cristiani e giudei ricoprivano cariche importanti, e anche durante la guerra contro i bizantini gli Omayyadi non si preoccuparono del fatto che la provincia della Siria, alle loro spalle, era ancora a maggioranza cristiana.

Ma le tribolazioni non avevano mai fine. Due guerre civili e la grande rivolta berbera del 740-743 indebolirono gli Omayyadi; è probabile che lo stato pressoché costante di guerra su tutti i fronti non abbia aiutato il califfato. Le casse del tesoro erano prosciugate, dalla guerra ma anche dai molti programmi sociali istituiti dai califfi per seguire gli insegnamenti di Maometto riguardanti la generosità verso i poveri. Nel 747 la Hāshimiyya, un movimento derivato dalla Shi'a e guidato dalla tribù degli Abbasidi, si mosse contro il califfo. Nel gennaio del 750 le due famiglie rivali si incontrarono, con tutti i loro alleati, alla Battaglia del Grande Zab. Gli Omayyadi subirono una sconfitta decisiva; Damasco cadde in preda agli Abbasidi in aprile, mentre l'ultimo califfo Omayyade fu ucciso in agosto in Egitto. Gli Omayyadi sopravvissuti (non molti) fuggirono attraverso il Nordafrica in Iberia, dove fondarono il califfato di Cordoba (che durò fino al 1031).

Era giunto il turno degli Abbasidi di governare gli sconfinati territori arabi, e lo fecero bene. Tanto bene, in effetti, che al-Khilafah al-'Abbasiyah rappresenta l'età dell'oro dell'Islam, un periodo in cui il califfato musulmano divenne il centro intellettuale e artistico del mondo, all'avanguardia nella scienza, nella tecnologia, nella medicina, nella filosofia, nella letteratura e in tutto ciò che è importante. Ma prima di tutto gli Abbasidi dovevano consolidare l'impero sotto la loro bandiera nera, con le riforme e l'astuzia politica.

I primi cinque califfi della dinastia riformarono l'esercito, che da quel momento avrebbe incluso anche soldati non arabi e non musulmani. L'istruzione era incoraggiata per tutti: furono anche costruite le prime cartiere dell'Occidente, grazie all'esperienza dei prigionieri cinesi catturati alla battaglia del Talas. La moneta fu standardizzata e resa stabile dalla garanzia del governo, il commercio fu incoraggiato con leggi e dazi favorevoli. Sotto gli abbasidi, che tendevano a essere più religiosi degli omayyadi, la legge islamica tornò a essere il fulcro del sistema legale. Ma forse l'atto più significativo di tutti fu la disponibilità a cedere l'autorità locale alle famiglie nobili: così l'Andalusia e il Maghreb restarono agli omayyadi, il Marocco andò agli idrisidi, l'Ifriqiya (Tunisia) agli aghlabidi e l'Egitto ai fatimidi. In questo modo venne preservata la Ummah ("comunità dei musulmani") prefigurata dal Corano.

Quando Harun al-Rashid assunse il potere nel 786 come quinto califfo Abbaside, se escludiamo l'occasionale rivolta di qualche tribù scontenta, l'impero era pacifico, progressista e fantasticamente, incredibilmente ricco. Baghdad vantava un milione di cittadini sani e felici nello stesso periodo in cui Aachen, la "grande" capitale di Carlo Magno, ne contava a malapena diecimila. Il figlio di Harun, il califfo Abdullah al-Mamun, istituzionalizzò la Casa della Sapienza fondata dal padre, raccogliendo i più grandi scienziati di tre continenti affinché condividessero la loro cultura e le loro idee con gli studenti e gli altri insegnanti. La Casa fu un centro impareggiabile di studi umanistici e scientifici, con la più grande collezione mondiale di testi in greco, persiano, sanscrito, latino e molte altre lingue europee, oltre naturalmente all'arabo. Sarebbe rimasta tale fino al sacco di Baghdad da parte dei mongoli di Hulagu Khan, nel 1258.

Dopo tre secoli e mezzo, tenere insieme un impero ancor più grande di quello romano contro l'attacco della Storia (o, piuttosto, dei cristiani) si dimostrò inevitabilmente impossibile. A ovest, la Spagna era in piena Reconquista; gli omayyadi si stavano lentamente ritirando dalla penisola iberica. Soprattutto, il Vaticano (nella persona di papa Urbano II) aveva deciso che era giunto il momento di unificare la cristianità per "liberare" la Terrasanta dall'Islam. Ne seguì una serie di crociate, a partire dalla sfortunata Crociata dei pezzenti del 1096: la successiva Prima crociata andò meglio, visto che riuscì a catturare Gerusalemme, che era poi lo scopo di tutta la faccenda. Le crociate fecero ripiombare il Levante nei massacri, che proseguirono per generazioni. La lotta fra cristiani e musulmani segnò quel che restava del regno degli abbasidi.

Il compito di scacciare gli infedeli toccò a Salah ad-Din Yusuf ibn Ayyub (o, più semplicemente, Saladino). Benché fosse un comandante agli ordini del governatore della Siria selgiuchide Nur ad-Din, Saladino era stato nominato visir dell'Egitto dal sultano fatimide. Quando nel 1174 Nur ad-Din morì, Saladino proclamò l'instaurazione della dinastia ayyubide in Egitto, a cui presto aggiunse la Siria. Sopravvivendo a vari tentativi di assassinio, rivolte minori eccetera, e governando dal Cairo (sebbene si trovasse raramente in città), Saladino riunì ancora una volta l'Islam in un nuovo califfato arabo. Fatto questo, rivolse l'attenzione ai crociati. Col tempo questo straordinario comandante militare riconquistò Gerusalemme, abbatté la maggior parte degli stati crociati del Levante e stipulò la pace di Ramla con Riccardo Cuor di Leone nel giugno del 1192. Secondo l'accordo l'Islam mantenne il controllo di Gerusalemme, fermo restando che i pellegrini cristiani avrebbero avuto accesso libero alla città.

A Saladino succedettero sette sultani Ayyubidi, che dovettero affrontare difficoltà enormi. Saladino aveva instaurato un sistema di "sovranità collettiva", in cui i membri della famiglia governavano le regioni come sultani minori, mentre uno di essi era proclamato capo supremo o "as-Sultan al-Mu'azzam". Una simile struttura politica apriva naturalmente la strada ai conflitti. Nel giro di due generazioni il sultanato piombò nel caos: le province si ribellarono una dopo l'altra, mentre gli infedeli, sobillati dal papato, lanciavano altre crociate per "salvare la cristianità". Alla fine i Mamelucchi subentrarono agli Ayyubidi nel governo dell'Egitto. A questo punto arrivarono i mongoli. Dopo diversi anni di scontri sui confini, il Gran Khan ordinò al fratello Hulagu di estendere l'impero fino al Nilo. Nel 1258 Hulagu Khan catturò Baghdad e massacrò i suoi abitanti, incluso il califfo e gran parte della sua famiglia.

Sebbene ci siano state dinastie di successori, e altri imperi islamici, il "califfato arabo" era scomparso per sempre. Fu una fine ingloriosa, dopo 600 anni di regno splendente: un'epoca che i fedeli non dimenticheranno mai.
PortraitSquare
icon_civilization_arabia

Tratti caratteristici

Leader
icon_leader_saladin
Saladino (Visir)
icon_leader_default
Saladino (Sultano)
Unità speciali
icon_unit_arabian_mamluk
Mamelucco
Infrastruttura speciale
icon_building_madrasa
Madrasa

Geografia & Dati sociali

Posizione
Asia-Africa
Dimensioni
Sotto il califfato degli omayyadi, circa 15 milioni di kmq
Popolazione
Sotto gli omayyadi, circa 34 milioni
Capitale
Molte (Medina, Kufa, Damasco, Bagdad, Cairo)
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Tratti caratteristici

Leader
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Saladino (Visir)
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Saladino (Sultano)
Unità speciali
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Mamelucco
Infrastruttura speciale
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Madrasa

Geografia & Dati sociali

Posizione
Asia-Africa
Dimensioni
Sotto il califfato degli omayyadi, circa 15 milioni di kmq
Popolazione
Sotto gli omayyadi, circa 34 milioni
Capitale
Molte (Medina, Kufa, Damasco, Bagdad, Cairo)
Abilità esclusiva

L'ultimo Profeta

Ricevi automaticamente l'ultimo Grande Profeta quando il penultimo viene preso da qualcun altro (se non hai già ottenuto un Grande Profeta). +1 Scienza per ogni città straniera che segue la religione dell'Arabia.

Contesto storico
Qualche mese dopo aver compiuto il suo "Pellegrinaggio dell'Addio" (che avrebbe dato origine alla tradizione dell'Hajj), all'età di 62 anni, il Profeta Maometto si ammalò e morì a Medina nel giugno del 632 d.C. Secondo la tradizione sunnita, i suoi seguaci scelsero Abu Bakr al-Siddīq come Amir al-Mu'minin ("Comandante dei fedeli"), successore di Maometto e primo dei califfi Rashidun. I musulmani che seguono la Shi'a, invece, sostengono che il successore spirituale e temporale prescelto dallo stesso Profeta fosse Alì, suo genero e cugino. Questa divisione ha dato origine a uno scisma che dura ancora oggi.

Sotto la guida di Abu Bakr e dei suoi tre abili successori, che governavano da Medina, i guerrieri dell'Islam, galvanizzati dalla visione del Profeta, attraversarono come una tempesta i deserti e le pianure in ogni direzione, conquistando Persia, Siria, Egitto, gran parte dell'Anatolia e la costa Nordafricana. Tra il 650 e il 655 ai territori controllati aggiunsero le isole greche di Cipro, Creta e Rodi e gran parte della Sicilia, arrivando a bussare alla porta dell'impero bizantino. Nel 655 l'imperatore di Bisanzio Costanzo II condusse personalmente una flotta contro gli arabi, perdendo 500 navi e salvandosi a malapena egli stesso. Al suo apice, il califfato dei Rashidun arrivò a essere il più grande impero mai visto.

Sotto questo primo califfato arabo i paesi conquistati erano trattati con relativa benevolenza, in accordo con gli insegnamenti di Maometto. I monoteisti (cristiani, ebrei, zoroastriani e altri) avevano la possibilità di convertirsi: in tal caso ricevevano tutti i diritti e le protezioni (e i doveri, naturalmente) dei cittadini islamici. I non musulmani potevano continuare a seguire la loro fede, ricevendo addirittura diritti legali secondo le rispettive scritture, sempre che queste non fossero in conflitto con il Corano. Era una dottrina piuttosto tollerante, che avrebbe funzionato ottimamente nei califfati arabi per secoli.

L'amministrazione della Dar al-Islamiyyah ("Casa dell'Islam") rappresentava anche la volontà di Allah, così com'era stata espressa da Maometto. Sotto il califfo Umar, secondo emiro di tutta l'Arabia, l'impero in espansione fu suddiviso in dodici province, ognuna governata da un Wali ("custode"); a ogni provincia erano assegnati altri sei ufficiali, dal Sahib-ul-Kharaj (esattore delle tasse) al Qadi (giudice supremo). Umar istituì un severo codice di condotta, con punizioni orribili in caso di violazione: ogni anno gli ufficiali dovevano compiere l'Hajj alla Mecca per rispondere di qualsiasi lamentela mossa nei loro confronti da chiunque. Per mitigare la corruzione e gli abusi di potere, il califfo specificò per legge che gli ufficiali dovessero ricevere un ricco stipendio. In seguito Umar fu assassinato da alcuni fanatici persiani, ma le sue politiche per l'amministrazione del grande impero restarono in vigore per secoli.

In seguito all'assassinio del terzo califfo Uthman, nel 656, il successore prescelto fu Alì, l'erede sostenuto dai seguaci della Shi'a. Ma il governatore della Siria Mu'awiya, un parente di Uthman, con il sostegno dei sunniti invocò la vendetta contro gli assassini, che avevano la loro base nella città di Basra. Alì glielo proibì, perché i musulmani non avrebbero dovuto fare la guerra ad altri musulmani. Nella successiva, prima guerra civile islamica (uno scontro a tre fra Alì, Mu'awiya e i kharigiti) il califfo dovette cedere lentamente la maggior parte dei suoi territori a Mu'awiya. Poi nel 661 Alì stesso fu assassinato dai kharigiti, all'interno di un elaborato complotto per uccidere tutti i leader islamici. Sfortunatamente per i kharigiti, Mu'awiya rifiutò di farsi liquidare: dopo essersi accordato con l'ultimo figlio sopravvissuto di Alì, ottenne il califfato, fondò la dinastia degli Omayyadi e schiacciò i kharigiti come insetti.

Gli Omayyadi non durarono a lungo, meno di cent'anni, ma in questo lasso di tempo riuscirono a travolgere chiunque si trovasse nel loro raggio d'azione tranne i bizantini. Dalla loro capitale a Damasco, abili califfi come ibn Marwan (685-705) e Solimano (715-717) portarono il vessillo dell'Islam fino al Caucaso, in Maghreb, nel subcontinente indiano, in Andalusia, a Samarcanda, in Transoxiana, nel Khwārizm, eccetera eccetera. Così facendo costruirono il quinto impero più grande mai conosciuto nella storia della civiltà.

Essendo guerrieri ma anche costruttori, gli Omayyadi lasciarono un'impronta indelebile sulla civiltà stessa. Abd ibn Marwan, per esempio, elevò l'arabo a lingua ufficiale dell'impero, standardizzò la moneta nei paesi islamici, organizzò un sistema postale, riparò la Kaaba alla Mecca e, come ciliegina sulla torta, costruì la Cupola della Roccia a Gerusalemme. Le imprese architettoniche continuarono con i suoi successori: il figlio costruì la moschea Al-Aqsa di fronte alla Cupola della Roccia e la Grande Moschea di Damasco, sviluppò una vasta rete di strade, scavò pozzi e fece tagliare passi attraverso le montagne (più che altro affinché li usassero i suoi eserciti, ma favorendo così anche il popolo). La tolleranza religiosa era all'ordine del giorno: cristiani e giudei ricoprivano cariche importanti, e anche durante la guerra contro i bizantini gli Omayyadi non si preoccuparono del fatto che la provincia della Siria, alle loro spalle, era ancora a maggioranza cristiana.

Ma le tribolazioni non avevano mai fine. Due guerre civili e la grande rivolta berbera del 740-743 indebolirono gli Omayyadi; è probabile che lo stato pressoché costante di guerra su tutti i fronti non abbia aiutato il califfato. Le casse del tesoro erano prosciugate, dalla guerra ma anche dai molti programmi sociali istituiti dai califfi per seguire gli insegnamenti di Maometto riguardanti la generosità verso i poveri. Nel 747 la Hāshimiyya, un movimento derivato dalla Shi'a e guidato dalla tribù degli Abbasidi, si mosse contro il califfo. Nel gennaio del 750 le due famiglie rivali si incontrarono, con tutti i loro alleati, alla Battaglia del Grande Zab. Gli Omayyadi subirono una sconfitta decisiva; Damasco cadde in preda agli Abbasidi in aprile, mentre l'ultimo califfo Omayyade fu ucciso in agosto in Egitto. Gli Omayyadi sopravvissuti (non molti) fuggirono attraverso il Nordafrica in Iberia, dove fondarono il califfato di Cordoba (che durò fino al 1031).

Era giunto il turno degli Abbasidi di governare gli sconfinati territori arabi, e lo fecero bene. Tanto bene, in effetti, che al-Khilafah al-'Abbasiyah rappresenta l'età dell'oro dell'Islam, un periodo in cui il califfato musulmano divenne il centro intellettuale e artistico del mondo, all'avanguardia nella scienza, nella tecnologia, nella medicina, nella filosofia, nella letteratura e in tutto ciò che è importante. Ma prima di tutto gli Abbasidi dovevano consolidare l'impero sotto la loro bandiera nera, con le riforme e l'astuzia politica.

I primi cinque califfi della dinastia riformarono l'esercito, che da quel momento avrebbe incluso anche soldati non arabi e non musulmani. L'istruzione era incoraggiata per tutti: furono anche costruite le prime cartiere dell'Occidente, grazie all'esperienza dei prigionieri cinesi catturati alla battaglia del Talas. La moneta fu standardizzata e resa stabile dalla garanzia del governo, il commercio fu incoraggiato con leggi e dazi favorevoli. Sotto gli abbasidi, che tendevano a essere più religiosi degli omayyadi, la legge islamica tornò a essere il fulcro del sistema legale. Ma forse l'atto più significativo di tutti fu la disponibilità a cedere l'autorità locale alle famiglie nobili: così l'Andalusia e il Maghreb restarono agli omayyadi, il Marocco andò agli idrisidi, l'Ifriqiya (Tunisia) agli aghlabidi e l'Egitto ai fatimidi. In questo modo venne preservata la Ummah ("comunità dei musulmani") prefigurata dal Corano.

Quando Harun al-Rashid assunse il potere nel 786 come quinto califfo Abbaside, se escludiamo l'occasionale rivolta di qualche tribù scontenta, l'impero era pacifico, progressista e fantasticamente, incredibilmente ricco. Baghdad vantava un milione di cittadini sani e felici nello stesso periodo in cui Aachen, la "grande" capitale di Carlo Magno, ne contava a malapena diecimila. Il figlio di Harun, il califfo Abdullah al-Mamun, istituzionalizzò la Casa della Sapienza fondata dal padre, raccogliendo i più grandi scienziati di tre continenti affinché condividessero la loro cultura e le loro idee con gli studenti e gli altri insegnanti. La Casa fu un centro impareggiabile di studi umanistici e scientifici, con la più grande collezione mondiale di testi in greco, persiano, sanscrito, latino e molte altre lingue europee, oltre naturalmente all'arabo. Sarebbe rimasta tale fino al sacco di Baghdad da parte dei mongoli di Hulagu Khan, nel 1258.

Dopo tre secoli e mezzo, tenere insieme un impero ancor più grande di quello romano contro l'attacco della Storia (o, piuttosto, dei cristiani) si dimostrò inevitabilmente impossibile. A ovest, la Spagna era in piena Reconquista; gli omayyadi si stavano lentamente ritirando dalla penisola iberica. Soprattutto, il Vaticano (nella persona di papa Urbano II) aveva deciso che era giunto il momento di unificare la cristianità per "liberare" la Terrasanta dall'Islam. Ne seguì una serie di crociate, a partire dalla sfortunata Crociata dei pezzenti del 1096: la successiva Prima crociata andò meglio, visto che riuscì a catturare Gerusalemme, che era poi lo scopo di tutta la faccenda. Le crociate fecero ripiombare il Levante nei massacri, che proseguirono per generazioni. La lotta fra cristiani e musulmani segnò quel che restava del regno degli abbasidi.

Il compito di scacciare gli infedeli toccò a Salah ad-Din Yusuf ibn Ayyub (o, più semplicemente, Saladino). Benché fosse un comandante agli ordini del governatore della Siria selgiuchide Nur ad-Din, Saladino era stato nominato visir dell'Egitto dal sultano fatimide. Quando nel 1174 Nur ad-Din morì, Saladino proclamò l'instaurazione della dinastia ayyubide in Egitto, a cui presto aggiunse la Siria. Sopravvivendo a vari tentativi di assassinio, rivolte minori eccetera, e governando dal Cairo (sebbene si trovasse raramente in città), Saladino riunì ancora una volta l'Islam in un nuovo califfato arabo. Fatto questo, rivolse l'attenzione ai crociati. Col tempo questo straordinario comandante militare riconquistò Gerusalemme, abbatté la maggior parte degli stati crociati del Levante e stipulò la pace di Ramla con Riccardo Cuor di Leone nel giugno del 1192. Secondo l'accordo l'Islam mantenne il controllo di Gerusalemme, fermo restando che i pellegrini cristiani avrebbero avuto accesso libero alla città.

A Saladino succedettero sette sultani Ayyubidi, che dovettero affrontare difficoltà enormi. Saladino aveva instaurato un sistema di "sovranità collettiva", in cui i membri della famiglia governavano le regioni come sultani minori, mentre uno di essi era proclamato capo supremo o "as-Sultan al-Mu'azzam". Una simile struttura politica apriva naturalmente la strada ai conflitti. Nel giro di due generazioni il sultanato piombò nel caos: le province si ribellarono una dopo l'altra, mentre gli infedeli, sobillati dal papato, lanciavano altre crociate per "salvare la cristianità". Alla fine i Mamelucchi subentrarono agli Ayyubidi nel governo dell'Egitto. A questo punto arrivarono i mongoli. Dopo diversi anni di scontri sui confini, il Gran Khan ordinò al fratello Hulagu di estendere l'impero fino al Nilo. Nel 1258 Hulagu Khan catturò Baghdad e massacrò i suoi abitanti, incluso il califfo e gran parte della sua famiglia.

Sebbene ci siano state dinastie di successori, e altri imperi islamici, il "califfato arabo" era scomparso per sempre. Fu una fine ingloriosa, dopo 600 anni di regno splendente: un'epoca che i fedeli non dimenticheranno mai.
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