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Introduzione

America

Arabia

Australia

Aztechi

Babilonia

Bisanzio

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Cina

Congo

Egitto

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Germania

Giappone

Grande Colombia

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India

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Inghilterra

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Norvegia

Nubia

Persia

Polonia

Portogallo

Roma

Russia

Scizia

Spagna

Sumeria

Vietnam

Giappone
Abilità esclusiva

Restaurazione Meiji

Tutti i distretti ricevono un bonus standard addizionale da vicinanza con altri distretti.

Contesto storico
Dopo secoli di isolamento forzato, negli ultimi centocinquant'anni il Giappone è diventato una delle civiltà più industriose e influenti del mondo, in termini economici ma anche culturali. Laddove i samurai di Edo si occupavano di kabuki (dramma danzato), delle incisioni del "mondo fluttuante" e delle dinamiche della loro politica interna, cent'anni dopo gli artisti, gli architetti, gli stilisti e gli imprenditori giapponesi hanno conquistato un posto importante sul palcoscenico del mondo. Le antiche tradizioni del Wa (che potremmo tradurre come "armonia") sono state sostituite, nel bene e nel male, dai meccanismi del progresso e dal profitto.

Secondo il Kojiki, il primo libro scritto in Giappone (712 d.C. circa), le divinità Izanagi e Izanami, fratello e sorella, nate dopo i cinque dèi primordiali, crearono le 434 isole del Giappone agitando le acque del mare con una grande lancia: le gocce cadute da quella lancia formarono la terra dove i due si insediarono generando una schiera di altri "Kami" (dèi, anche se sarebbe più corretto tradurre "essenze spirituali"). La verità è più prosaica: sembra che i primi esseri umani abbiano raggiunto la regione attraversando dei ponti naturali, circa 40.000 anni fa, prima che le isole fossero separate dal continente. Nel 660 a.C. era già presente una civiltà, governata da un imperatore che secondo la leggenda era discendente diretto della dea del sole Amaterasu.

La "storia ufficiale" del paese inizia intorno al III secolo, per quanto sia possibile trovare qualche accenno in fonti precedenti, come nel libro cinese degli Han Posteriori, che fa riferimento a eventi risalenti al 57 d.C. Questo Kofun-jidai ("periodo Kofun") vide l'ascesa di molti clan militari, in particolare quello degli Yamato, che si impose (senza dubbio con grande spargimento di sangue) nella parte centro-meridionale dell'isola di Honshu, la principale dell'arcipelago. Alla fine, avendo sconfitto tutti gli altri, gli Yamato si dichiarano imperatori delle isole riunite del Giappone. Ma il loro potere declinò nei due secoli successivi, mentre l'autorità della corte imperiale veniva lentamente intaccata dagli ambiziosi daimyo ("signori").

Durante i primi secoli di regno degli imperatori Yamato i contadini giapponesi cominciarono a usare attrezzi agricoli di ferro e ad applicare tecniche avanzate come l'allagamento dei campi di riso, un cereale gustoso e nutriente che sarebbe diventato ben presto il caposaldo della cucina giapponese. Questi progressi nell'agricoltura consentirono a un numero minore di contadini di produrre più cibo, permettendo al daimyo di destinare ai suoi affari militari il risultante surplus di uomini. Nella società giapponese sorse una nuova classe, quella dei samurai, "coloro che servono restando vicini". Ben presto ogni signore ebbe il proprio esercito privato. In questo periodo i giapponesi importarono diversi progressi tecnologici dai loro vicini, il più importante dei quali è probabilmente la scrittura dalla Cina; dai cinesi presero anche la religione, specificatamente il confucianesimo a cui fece seguito, nel VI secolo, il buddismo.

I primi shogun furono nominati dall'imperatore come Sei-i Taishogun ("comandante in capo della forza di spedizione contro i barbari") per spazzare via Emishi, Ainu e altri popoli delle isole che si rifiutavano di accettare il governo imperiale. Col tempo il titolo divenne ereditario e gli shogun divennero i leader militari riconosciuti e i veri governanti dietro la facciata del trono imperiale. Non c'è bisogno di dire che questo portò a lotte sanguinose per accaparrarsi il posto. Nel 1185 i Minamoto sterminarono quasi tutto il clan rivale dei Taira nella guerra Genpei per formare il loro shogunato. Subito dopo i Minamoto stabilirono per legge un regime feudale che di fatto riduceva l'imperatore a una riverita figura simbolica.

Quando Minamoto Yoritomo morì, lo shogunato passò alla famiglia di sua moglie, il clan Hojo. Tra le altre cose, il clan (nella persona di Tokimune) sconfisse due invasioni mongole, diffuse il buddismo zen e aiutò a sviluppare la forma finale del Bushido. Le invasioni furono importanti nella storia giapponese per due motivi. Il primo è la tendenza delle spade giapponesi a rompersi contro le pesanti corazze di cuoio bollito dei mongoli: questo fatto turbò profondamente i soldati e portò i fabbri del Giappone a perfezionare la forgiatura delle famose sciabole katana. Inoltre i samurai si trovarono a fronteggiare nemici stranieri per la prima volta in assoluto. In futuro l'avrebbero fatto solo altre due volte, con l'invasione della Corea nel 1592 e delle isole meridionali di Ryukyu nel 1609 (per lo più i giapponesi tendevano a farsi a pezzi tra di loro).

Il clan Hojo restò al potere fino al 1333, quando l'imperatore Go-Daigo organizzò un colpo di stato per riportare effettivamente il governo nelle mani della famiglia imperiale. In questa lotta fu aiutato da un gruppo di aristocratici, più diversi clan di samurai e alcuni monaci buddisti militanti. Ma alcuni alleati importanti di Go-Daigo restarono delusi dalla divisione delle spoglie, perciò nel 1336 si rivoltarono e obbligarono l'imperatore a rifugiarsi a nord, nelle montagne Yoshino. Per i 60 anni successivi il controllo del Giappone fu diviso tra due corti, una a nord e una a sud. L'imperatore meridionale restò una figura di facciata, mentre il potere reale era nelle mani dello shogunato di Ashikaga. Nel 1391 le due corti imperiali furono riunite e il potere passò allo shogun Ashikaga Takauji.

Questo diede il via a un'epoca passata alla storia come "periodo degli stati belligeranti" (o Sengoku, se vogliamo essere formali). Furono 150 anni segnati da sovvertimenti sociali, intrighi politici (con una buona dose di assassinii) e di conflitti più o meno continui tra gli eserciti privati di samurai. Ma non mancarono i vantaggi: la costruzione di magnifici castelli, alcuni ancora esistenti, raggiunse il livello di una vera e propria forma d'arte; i guerrieri giapponesi impararono a usare magistralmente molte armi (tra cui il moschetto, dopo che i mercanti europei ebbero introdotto le armi da fuoco); si videro i primi ninja. Alla fine il paese fu quasi completamente unificato dal brillante condottiero Oda Nobunaga, che però fu tradito e ucciso nel 1582 da uno dei suoi ufficiali più fidati. Dopo il successivo periodo di scontri, un daimyo alleato di Nobunaga, Tokugawa Ieyasu (uno dei samurai più famosi della storia) assunse il titolo di shogun nel 1603.

Nel bel mezzo di tutto questo arrivarono gli europei. Nel 1543 una nave portoghese in rotta verso la Cina finì con l'approdare sull'isola di Tanegashima. Negli anni successivi ci furono visite di portoghesi, spagnoli, olandesi e inglesi, mentre i missionari gesuiti, domenicani e francescani si misero a predicare il vangelo. Il nuovo shogun cominciò a sospettare che le basi commerciali e le chiese che cominciavano a comparire sulle sue terre fossero solo l'avanguardia di un'imminente invasione europea. Inoltre il cristianesimo si stava diffondendo rapidamente, soprattutto nelle classi umili. Nel 1637 la rivolta di Shimabara, formata da circa 30.000 cattolici, in gran parte contadini, e da qualche ronin (samurai senza signore), fu soffocata solo da un grande esercito comandato dallo shogun in persona.

Gli shogun ne avevano avuto abbastanza. Dopo la rivolta di Shimabara, Tokagawa Iemitsu promulgò la prima delle cosiddette Sakoku (politiche di isolamento nazionale), ripresa e ampliata dai suoi successori per un quarto di millennio. Missionari, mercanti e stranieri di ogni sorta furono espulsi (tranne pochi olandesi e cinesi, confinati sull'isola di Dejima a Nagasaki). Il commercio con la Corea fu limitato al feudo di Tsushima. Nessuno straniero poteva entrare nel paese, o giapponese uscirne, pena la morte immediata. I cattolici furono espulsi, le loro scuole e chiese date alle fiamme e ai daimyo fu proibito di convertirsi. In caso di trasgressione la pena, inutile dirlo, era la morte (diciamo che in Giappone questa era un po' la punizione standard).

Non sappiamo se per questo si debbano ringraziare le politiche Sakoku, ma in ogni caso, nel corso degli oltre 250 anni dello shogunato Tokagawa, il Giappone sperimentò una grande fioritura sociale e culturale e una relativa stabilità e pace (fatta rispettare con la punta della katana). Le xilografie dell'Ukiyo-e regalarono all'arte molti capolavori, così come il teatro kabuki e bunraku; anche alcune delle più celebri composizioni per koto e shakuhachi risalgono a questo periodo. Da semplice intrattenitrici (di ogni tipo), le geishe si trasformarono in emblema della femminilità più raffinata. Il mecenatismo delle arti da parte dei samurai diffuse nelle isole l'amore per l'eleganza nell'architettura e nella costruzione dei giardini. La struttura della società diventò rigida, un sistema in cui ciascuno occupava un posto ben preciso con le relative responsabilità, dagli umili contadini (l'85% circa della popolazione) ai 250 daimyo. La punizione per chi osava uscire dal suo rango era severa e immediata. Ogni cosa diventò un rigido rituale, dal prendere il tè al suicidio.

Il Giappone se la stava cavando piuttosto bene quando nel 1853 arrivò l'ammiraglio americano Matthew Perry. Percorrendo la Baia di Edo con i cannoni delle sue quattro moderne navi da guerra pronti all'azione, l'ammiraglio ordinò che il Giappone riaprisse i commerci con l'Occidente senza alcuna restrizione. L'anno dopo Perry ricomparve, questa volta con sette navi: sotto la minaccia dei cannoni americani, lo shogun fu obbligato a firmare il "Trattato di amicizia e pace tra Giappone e Stati Uniti". Nel giro di cinque anni avrebbe stretto accordi analoghi con la maggior parte delle potenze occidentali. La vergogna di essere stato umiliato da una forza militare straniera, per di più sulla soglia inviolata del paese, fece crollare lo shogunato: dopo tanto tempo il potere tornò nelle mani dell'imperatore.

Il giovane, vigoroso imperatore Meiji, salito al potere nel 1867, diede subito il via a un periodo di riforme profonde e radicali, con l'obiettivo di portare il Giappone a un livello militare ed economico pari a quello delle nazioni occidentali le cui navi scorrazzavano tra le sue isole. Nel 1912 aveva abolito il feudalesimo, posto le terre di quasi tutti i daimyo sotto il "controllo imperiale" restituendone gran parte ai contadini, istituita la libertà di culto, promosso i commerci e virtualmente annientata la classe dei samurai. Il governo incoraggiò l'industrializzazione e istituì una monarchia costituzionale di stampo europeo. Inoltre, nel 1873 il Giappone diede inizio alla leva su scala nazionale, che portò alla creazione di un esercito e di una marina imperiali.

La trasformazione del paese fu così rapida che ben presto il Giappone si impose come massima potenza della regione. A questo punto decise di seguire un'altra delle propensioni occidentali: la costruzione di un impero coloniale. Nel 1894 si disputò il dominio sulla Corea con una Cina in rapido declino: il Giappone vinse facilmente, guadagnando "l'indipendenza" per la Corea e accaparrandosi Formosa, le isole Pescadores e la penisola di Liaodong. Ma le nazioni occidentali lo obbligarono a restituire la penisola alla Cina, che l'affittò prontamente alla Russia. Il Giappone si infuriò, e la risultante guerra russo-giapponese del 1904 gli diede l'opportunità di mostrare al mondo che poteva sconfiggere una potenza "occidentale". In seguito, la Prima guerra mondiale gli consentì di acquisire i possedimenti della Germania sconfitta nel Pacifico e in Asia. A questo punto il Giappone cominciò a puntare la Cina, a cominciare dalla Manciuria (che invase, allarmando il resto del mondo). Spinti dalla depressione economica e dai dazi imposti dagli occidentali, i militaristi totalitari presero il controllo del governo. Alla fine degli anni Trenta del '900 le democrazie occidentali e il Giappone imperiale erano ormai in rotta di collisione.

L'indignazione pubblica negli Stati Uniti per le atrocità commesse dai giapponesi in Cina, l'occupazione giapponese dell'Indocina dopo la sconfitta della Francia da parte della Germania nazista e gli scontri con la Russia in Manciuria furono tutti prodromi dell'entrata del Giappone nella Seconda guerra mondiale, cosa che avvenne con un attacco sferrato a sorpresa contro gli Stati Uniti nel 1941. Dopo un primo, grande successo, il Giappone uscì sconfitto dalla guerra del Pacifico, conclusa nell'agosto del 1945 dalla devastazione nucleare. Ma la nazione risorse dalle ceneri come una hou-ou (la fenice giapponese), sotto un'occupazione americana, e riprese presto il cammino per diventare un riferimento economico, tecnologico e culturale per tutto il mondo.
PortraitSquare
icon_civilization_japan

Tratti caratteristici

Leader
icon_leader_hojo
Hojo Tokimune
icon_leader_default
Tokugawa
Unità speciali
icon_unit_japanese_samurai
Samurai
Infrastruttura speciale
icon_building_electronics_factory
Fabbrica di elettronica

Geografia & Dati sociali

Posizione
Asia
Dimensioni
Circa 378.000 kmq
Popolazione
126,4 milioni
Capitale
Varie (troppo numerose da elencare fino a Kyoto; attualmente Tokyo)
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Tratti caratteristici

Leader
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Hojo Tokimune
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Tokugawa
Unità speciali
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Samurai
Infrastruttura speciale
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Fabbrica di elettronica

Geografia & Dati sociali

Posizione
Asia
Dimensioni
Circa 378.000 kmq
Popolazione
126,4 milioni
Capitale
Varie (troppo numerose da elencare fino a Kyoto; attualmente Tokyo)
Abilità esclusiva

Restaurazione Meiji

Tutti i distretti ricevono un bonus standard addizionale da vicinanza con altri distretti.

Contesto storico
Dopo secoli di isolamento forzato, negli ultimi centocinquant'anni il Giappone è diventato una delle civiltà più industriose e influenti del mondo, in termini economici ma anche culturali. Laddove i samurai di Edo si occupavano di kabuki (dramma danzato), delle incisioni del "mondo fluttuante" e delle dinamiche della loro politica interna, cent'anni dopo gli artisti, gli architetti, gli stilisti e gli imprenditori giapponesi hanno conquistato un posto importante sul palcoscenico del mondo. Le antiche tradizioni del Wa (che potremmo tradurre come "armonia") sono state sostituite, nel bene e nel male, dai meccanismi del progresso e dal profitto.

Secondo il Kojiki, il primo libro scritto in Giappone (712 d.C. circa), le divinità Izanagi e Izanami, fratello e sorella, nate dopo i cinque dèi primordiali, crearono le 434 isole del Giappone agitando le acque del mare con una grande lancia: le gocce cadute da quella lancia formarono la terra dove i due si insediarono generando una schiera di altri "Kami" (dèi, anche se sarebbe più corretto tradurre "essenze spirituali"). La verità è più prosaica: sembra che i primi esseri umani abbiano raggiunto la regione attraversando dei ponti naturali, circa 40.000 anni fa, prima che le isole fossero separate dal continente. Nel 660 a.C. era già presente una civiltà, governata da un imperatore che secondo la leggenda era discendente diretto della dea del sole Amaterasu.

La "storia ufficiale" del paese inizia intorno al III secolo, per quanto sia possibile trovare qualche accenno in fonti precedenti, come nel libro cinese degli Han Posteriori, che fa riferimento a eventi risalenti al 57 d.C. Questo Kofun-jidai ("periodo Kofun") vide l'ascesa di molti clan militari, in particolare quello degli Yamato, che si impose (senza dubbio con grande spargimento di sangue) nella parte centro-meridionale dell'isola di Honshu, la principale dell'arcipelago. Alla fine, avendo sconfitto tutti gli altri, gli Yamato si dichiarano imperatori delle isole riunite del Giappone. Ma il loro potere declinò nei due secoli successivi, mentre l'autorità della corte imperiale veniva lentamente intaccata dagli ambiziosi daimyo ("signori").

Durante i primi secoli di regno degli imperatori Yamato i contadini giapponesi cominciarono a usare attrezzi agricoli di ferro e ad applicare tecniche avanzate come l'allagamento dei campi di riso, un cereale gustoso e nutriente che sarebbe diventato ben presto il caposaldo della cucina giapponese. Questi progressi nell'agricoltura consentirono a un numero minore di contadini di produrre più cibo, permettendo al daimyo di destinare ai suoi affari militari il risultante surplus di uomini. Nella società giapponese sorse una nuova classe, quella dei samurai, "coloro che servono restando vicini". Ben presto ogni signore ebbe il proprio esercito privato. In questo periodo i giapponesi importarono diversi progressi tecnologici dai loro vicini, il più importante dei quali è probabilmente la scrittura dalla Cina; dai cinesi presero anche la religione, specificatamente il confucianesimo a cui fece seguito, nel VI secolo, il buddismo.

I primi shogun furono nominati dall'imperatore come Sei-i Taishogun ("comandante in capo della forza di spedizione contro i barbari") per spazzare via Emishi, Ainu e altri popoli delle isole che si rifiutavano di accettare il governo imperiale. Col tempo il titolo divenne ereditario e gli shogun divennero i leader militari riconosciuti e i veri governanti dietro la facciata del trono imperiale. Non c'è bisogno di dire che questo portò a lotte sanguinose per accaparrarsi il posto. Nel 1185 i Minamoto sterminarono quasi tutto il clan rivale dei Taira nella guerra Genpei per formare il loro shogunato. Subito dopo i Minamoto stabilirono per legge un regime feudale che di fatto riduceva l'imperatore a una riverita figura simbolica.

Quando Minamoto Yoritomo morì, lo shogunato passò alla famiglia di sua moglie, il clan Hojo. Tra le altre cose, il clan (nella persona di Tokimune) sconfisse due invasioni mongole, diffuse il buddismo zen e aiutò a sviluppare la forma finale del Bushido. Le invasioni furono importanti nella storia giapponese per due motivi. Il primo è la tendenza delle spade giapponesi a rompersi contro le pesanti corazze di cuoio bollito dei mongoli: questo fatto turbò profondamente i soldati e portò i fabbri del Giappone a perfezionare la forgiatura delle famose sciabole katana. Inoltre i samurai si trovarono a fronteggiare nemici stranieri per la prima volta in assoluto. In futuro l'avrebbero fatto solo altre due volte, con l'invasione della Corea nel 1592 e delle isole meridionali di Ryukyu nel 1609 (per lo più i giapponesi tendevano a farsi a pezzi tra di loro).

Il clan Hojo restò al potere fino al 1333, quando l'imperatore Go-Daigo organizzò un colpo di stato per riportare effettivamente il governo nelle mani della famiglia imperiale. In questa lotta fu aiutato da un gruppo di aristocratici, più diversi clan di samurai e alcuni monaci buddisti militanti. Ma alcuni alleati importanti di Go-Daigo restarono delusi dalla divisione delle spoglie, perciò nel 1336 si rivoltarono e obbligarono l'imperatore a rifugiarsi a nord, nelle montagne Yoshino. Per i 60 anni successivi il controllo del Giappone fu diviso tra due corti, una a nord e una a sud. L'imperatore meridionale restò una figura di facciata, mentre il potere reale era nelle mani dello shogunato di Ashikaga. Nel 1391 le due corti imperiali furono riunite e il potere passò allo shogun Ashikaga Takauji.

Questo diede il via a un'epoca passata alla storia come "periodo degli stati belligeranti" (o Sengoku, se vogliamo essere formali). Furono 150 anni segnati da sovvertimenti sociali, intrighi politici (con una buona dose di assassinii) e di conflitti più o meno continui tra gli eserciti privati di samurai. Ma non mancarono i vantaggi: la costruzione di magnifici castelli, alcuni ancora esistenti, raggiunse il livello di una vera e propria forma d'arte; i guerrieri giapponesi impararono a usare magistralmente molte armi (tra cui il moschetto, dopo che i mercanti europei ebbero introdotto le armi da fuoco); si videro i primi ninja. Alla fine il paese fu quasi completamente unificato dal brillante condottiero Oda Nobunaga, che però fu tradito e ucciso nel 1582 da uno dei suoi ufficiali più fidati. Dopo il successivo periodo di scontri, un daimyo alleato di Nobunaga, Tokugawa Ieyasu (uno dei samurai più famosi della storia) assunse il titolo di shogun nel 1603.

Nel bel mezzo di tutto questo arrivarono gli europei. Nel 1543 una nave portoghese in rotta verso la Cina finì con l'approdare sull'isola di Tanegashima. Negli anni successivi ci furono visite di portoghesi, spagnoli, olandesi e inglesi, mentre i missionari gesuiti, domenicani e francescani si misero a predicare il vangelo. Il nuovo shogun cominciò a sospettare che le basi commerciali e le chiese che cominciavano a comparire sulle sue terre fossero solo l'avanguardia di un'imminente invasione europea. Inoltre il cristianesimo si stava diffondendo rapidamente, soprattutto nelle classi umili. Nel 1637 la rivolta di Shimabara, formata da circa 30.000 cattolici, in gran parte contadini, e da qualche ronin (samurai senza signore), fu soffocata solo da un grande esercito comandato dallo shogun in persona.

Gli shogun ne avevano avuto abbastanza. Dopo la rivolta di Shimabara, Tokagawa Iemitsu promulgò la prima delle cosiddette Sakoku (politiche di isolamento nazionale), ripresa e ampliata dai suoi successori per un quarto di millennio. Missionari, mercanti e stranieri di ogni sorta furono espulsi (tranne pochi olandesi e cinesi, confinati sull'isola di Dejima a Nagasaki). Il commercio con la Corea fu limitato al feudo di Tsushima. Nessuno straniero poteva entrare nel paese, o giapponese uscirne, pena la morte immediata. I cattolici furono espulsi, le loro scuole e chiese date alle fiamme e ai daimyo fu proibito di convertirsi. In caso di trasgressione la pena, inutile dirlo, era la morte (diciamo che in Giappone questa era un po' la punizione standard).

Non sappiamo se per questo si debbano ringraziare le politiche Sakoku, ma in ogni caso, nel corso degli oltre 250 anni dello shogunato Tokagawa, il Giappone sperimentò una grande fioritura sociale e culturale e una relativa stabilità e pace (fatta rispettare con la punta della katana). Le xilografie dell'Ukiyo-e regalarono all'arte molti capolavori, così come il teatro kabuki e bunraku; anche alcune delle più celebri composizioni per koto e shakuhachi risalgono a questo periodo. Da semplice intrattenitrici (di ogni tipo), le geishe si trasformarono in emblema della femminilità più raffinata. Il mecenatismo delle arti da parte dei samurai diffuse nelle isole l'amore per l'eleganza nell'architettura e nella costruzione dei giardini. La struttura della società diventò rigida, un sistema in cui ciascuno occupava un posto ben preciso con le relative responsabilità, dagli umili contadini (l'85% circa della popolazione) ai 250 daimyo. La punizione per chi osava uscire dal suo rango era severa e immediata. Ogni cosa diventò un rigido rituale, dal prendere il tè al suicidio.

Il Giappone se la stava cavando piuttosto bene quando nel 1853 arrivò l'ammiraglio americano Matthew Perry. Percorrendo la Baia di Edo con i cannoni delle sue quattro moderne navi da guerra pronti all'azione, l'ammiraglio ordinò che il Giappone riaprisse i commerci con l'Occidente senza alcuna restrizione. L'anno dopo Perry ricomparve, questa volta con sette navi: sotto la minaccia dei cannoni americani, lo shogun fu obbligato a firmare il "Trattato di amicizia e pace tra Giappone e Stati Uniti". Nel giro di cinque anni avrebbe stretto accordi analoghi con la maggior parte delle potenze occidentali. La vergogna di essere stato umiliato da una forza militare straniera, per di più sulla soglia inviolata del paese, fece crollare lo shogunato: dopo tanto tempo il potere tornò nelle mani dell'imperatore.

Il giovane, vigoroso imperatore Meiji, salito al potere nel 1867, diede subito il via a un periodo di riforme profonde e radicali, con l'obiettivo di portare il Giappone a un livello militare ed economico pari a quello delle nazioni occidentali le cui navi scorrazzavano tra le sue isole. Nel 1912 aveva abolito il feudalesimo, posto le terre di quasi tutti i daimyo sotto il "controllo imperiale" restituendone gran parte ai contadini, istituita la libertà di culto, promosso i commerci e virtualmente annientata la classe dei samurai. Il governo incoraggiò l'industrializzazione e istituì una monarchia costituzionale di stampo europeo. Inoltre, nel 1873 il Giappone diede inizio alla leva su scala nazionale, che portò alla creazione di un esercito e di una marina imperiali.

La trasformazione del paese fu così rapida che ben presto il Giappone si impose come massima potenza della regione. A questo punto decise di seguire un'altra delle propensioni occidentali: la costruzione di un impero coloniale. Nel 1894 si disputò il dominio sulla Corea con una Cina in rapido declino: il Giappone vinse facilmente, guadagnando "l'indipendenza" per la Corea e accaparrandosi Formosa, le isole Pescadores e la penisola di Liaodong. Ma le nazioni occidentali lo obbligarono a restituire la penisola alla Cina, che l'affittò prontamente alla Russia. Il Giappone si infuriò, e la risultante guerra russo-giapponese del 1904 gli diede l'opportunità di mostrare al mondo che poteva sconfiggere una potenza "occidentale". In seguito, la Prima guerra mondiale gli consentì di acquisire i possedimenti della Germania sconfitta nel Pacifico e in Asia. A questo punto il Giappone cominciò a puntare la Cina, a cominciare dalla Manciuria (che invase, allarmando il resto del mondo). Spinti dalla depressione economica e dai dazi imposti dagli occidentali, i militaristi totalitari presero il controllo del governo. Alla fine degli anni Trenta del '900 le democrazie occidentali e il Giappone imperiale erano ormai in rotta di collisione.

L'indignazione pubblica negli Stati Uniti per le atrocità commesse dai giapponesi in Cina, l'occupazione giapponese dell'Indocina dopo la sconfitta della Francia da parte della Germania nazista e gli scontri con la Russia in Manciuria furono tutti prodromi dell'entrata del Giappone nella Seconda guerra mondiale, cosa che avvenne con un attacco sferrato a sorpresa contro gli Stati Uniti nel 1941. Dopo un primo, grande successo, il Giappone uscì sconfitto dalla guerra del Pacifico, conclusa nell'agosto del 1945 dalla devastazione nucleare. Ma la nazione risorse dalle ceneri come una hou-ou (la fenice giapponese), sotto un'occupazione americana, e riprese presto il cammino per diventare un riferimento economico, tecnologico e culturale per tutto il mondo.
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