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Spagna

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Leader

America
Abilità esclusiva

Padri fondatori

Tutti gli slot per Politiche diplomatiche nel governo attuale sono convertiti in slot jolly.

Contesto storico
In termini storici, l'evoluzione dell'America da gruppo di colonie litigiose a superpotenza globale è stato rapidissimo. Prodotti da una serie di ondate di immigrazione, gli Stati Uniti sono attualmente la quarta nazione del mondo per estensione e la terza per popolazione, occupando l'intera ampiezza del continente nordamericano dall'Atlantico al Pacifico e comprendendo alcune delle città più grandi del mondo. L'America vanta il PIL (prodotto interno lordo) più alto ed è prima nel settore dei servizi, nell'industria dei media e per potenza militare (anche se escludiamo dal computo il suo arsenale nucleare). Si potrebbe sostenere che in questo momento gli Stati Uniti siano la prima "iperpotenza" del mondo.

La nascita degli Stati Uniti d'America si può far risalire alla fondazione di tredici colonie inglesi sulla costa orientale del continente nordamericano. Le colonie comprendevano secondogeniti squattrinati di buone famiglie inglesi, avventurieri pronti a tutto per far quattrini, detenuti, debitori in fuga, fanatici religiosi, estremisti politici e anche persone che andavano semplicemente in cerca di un futuro migliore. Altri immigrati (schiavi africani, lavoratori a contratto in stato di servitù e simili) non arrivarono per scelta, ma per loro sfortuna. Qualsiasi fosse la loro origine, questa chiassosa marmaglia gettò le basi del "melting pot", il crogiolo culturale.

I nuovi arrivati misero subito a frutto la loro potenza di fuoco superiore a danno delle popolazioni indigene, dando il via a due secoli di conflitti e atrocità. Nel 1776 le tribù native a est del Mississippi erano ormai totalmente annientate, scacciate o soggiogate. Grazie a una frontiera occidentale in costante espansione e al ruolo svolto per dare la vittoria agli inglesi nella guerra franco-indiana terminata nel 1763, gli "americani" avevano sviluppato uno sconveniente sentimento di autosufficienza e indipendenza. Dopo poche, brevi generazioni da quei primi insediamenti a Roanoke, Jamestown, Plymouth e in altri luoghi inospitali, gli americani osarono esigere dalla Corona un trattamento identico a quello accordato ai cittadini nella madrepatria.

Guidati dalle famiglie più influenti della Virginia e dagli intellettuali del New England, i coloni che avevano celebrato insieme agli inglesi la vittoria sulla Francia arrivarono soli 12 anni dopo a imbracciare le armi contro la stessa Britannia. Se il parlamento inglese avesse letto il "Modo per ridurre a piccolo stato un grande impero", un opuscolo satirico scritto nel 1773 da Ben Franklin con un succinto elenco delle rimostranze delle colonie, forse l'Inghilterra avrebbe rinunciato prima alle Americhe, considerandole un investimento troppo fastidioso. Come nella maggior parte delle liti in famiglia, il fattore più importante erano i soldi: i coloni non sopportavano quelli che consideravano vincoli economici ingiusti e l'eccessiva tassazione imposta dalla Gran Bretagna. Intanto gli inglesi (insieme a pochi ma agguerriti lealisti) sembravano pensare che gli americani fossero un mucchio di ingrati che non avevano idea di quanto la Corona stesse spendendo per la loro protezione e il loro progresso.

Alla fine degli anni 70 del Settecento le colonie americane erano in aperta rivolta. Il 4 luglio 1776, dopo un acceso dibattito, i loro rappresentanti dichiararono unilateralmente l'indipendenza, scatenando la rivoluzione americana. I combattimenti infuriarono dall'aprile del 1775 fino a tutto l'ottobre del 1781. Come tutti i conflitti civili si trattò di una faccenda piuttosto confusa, con guerriglia al sud e molte marce forzate da una parte all'altra al nord. I continentali (com'erano chiamati i coloni ribelli) erano inferiori per numero e potenza di fuoco all'esperto esercito inglese, ben addestrato e già provato in battaglia, soprattutto se consideriamo che la famosa marina britannica aveva il controllo assoluto dei mari... finché, alla fine degli anni 70, Francia e Spagna si unirono al conflitto.

Verso la fine del 1781 l'Esercito Continentale stava assediando le forze britanniche del generale Cornwallis a Yorktown. La presenza della marina francese impedì la fuga degli inglesi, così Cornwallis si arrese a George Washington, eroe della rivoluzione. Due anni dopo fu finalmente stipulato un trattato di pace che concedeva alla nuova repubblica tutte le terre a est del Mississippi (tranne la Florida, che andò alla Spagna), permetteva ai mercanti americani di svolgere liberamente la loro attività in tutto il globo e riconosceva formalmente la nuova nazione.

Chiuso questo spiacevole incidente, i "patrioti" americani si dedicarono a mettere insieme una repubblica federale. Il primo tentativo, con gli "Articoli della Confederazione ed Eterna Unione" ratificati nel 1781, si dimostrò straordinariamente inefficace: il nuovo governo non aveva l'autorità di tassare i cittadini, non poteva mantenere una forza militare e non possedeva neppure un organo esecutivo per governare. I leader del nuovo Congresso degli Stati Uniti notarono rapidamente queste e altre magagne; nel 1787 si ritrovarono in segreto a Philadelphia per modificare gli Articoli. Invece di far questo, dopo molte discussioni e discorsi pomposi si decise di scrivere una nuova Costituzione, che fu adottata nel 1789 e diede al governo degli Stati Uniti la sua forma attuale... più o meno. Nello stesso anno Washington fu eletto primo presidente. Nel 1791 fu aggiunto un "Bill of Rights" ("Dichiarazione sui diritti"); da allora sono stati aggiunti altri 17 emendamenti e altri sei sono stati proposti.

Ora che "la vita, la libertà e la ricerca della felicità" erano garantite ai cittadini, la nuova nazione si mise all'opera per ottenere la propria, di felicità... attraverso una rapida espansione. Nel 1803 Napoleone Bonaparte, a cui non interessava avere un avamposto su un continente lontano e barbarico, vendette i territori francesi della Louisiana agli Stati Uniti in quello che è rimasto il più grande trasferimento di proprietà terriere della storia. Non avendo una chiara idea di ciò per cui aveva pagato la somma esorbitante di 11,25 milioni di dollari, il presidente Jefferson inviò un paio di ufficiali militari affinché esplorassero i nuovi territori e tornassero a fare rapporto. Alla fine risultò che le dimensioni della nuova nazione erano praticamente raddoppiate. Ma questa non fu certo la fine dell'espansione americana, che durò fino al 1853, quando gli Stati Uniti assunsero la loro configurazione attuale nel continente.

Ma l'espansione portò con sé il conflitto, e nel 1861 scoppiò la lite di famiglia definitiva: la guerra civile. Seguirono quattro anni di aspro conflitto, che lasciarono sul terreno 600.000 morti e causarono 400.000 feriti. Il risultato fu l'emancipazione degli schiavi, con il conseguente virtuale annientamento dell'economia del Sud (che era totalmente basata sul loro lavoro). L'eco di questa profonda divisione si può ancora ritrovare nella politica statunitense dei giorni nostri.

Senza più distrazioni, e spinta da un senso di "destino manifesto", dalla speranza di una vita migliore e dalla solita sete di avventura e ricchezze, una torma di coloni, cercatori d'oro, mercanti, predicatori e banditi si riversò nelle terre occidentali. Nel giro di un paio di generazioni anche gli angoli più remoti dell'America avevano acquisito una parvenza di civiltà (dopo il massacro degli abitanti indigeni), grazie alle fortune ottenute con i minerali, il bestiame e il legname. Sempre più famiglie timorate di Dio si trasferivano in questo "selvaggio West". Intanto, sulla costa orientale e lungo il golfo, continuavano a sbarcare gli immigrati europei attratti dal "sogno americano". Queste persone morirono a migliaia arando la terra, costruendo le ferrovie, scavando nelle miniere e imponendo una legge che non fosse quella del più forte.

Nonostante molte distrazioni in terre lontane, all'inizio del XX secolo gli americani erano un popolo ottimista, pervaso da una compiacente fiducia nel liberalismo e in un progresso fatto di riforme politiche, scoperte scientifiche, urbanizzazione e imperialismo. Intanto, gli autori e i compositori stavano sviluppando la nuova letteratura e la nuova musica americana. Ma mentre il suo potere industriale, culturale ed economico continuava a crescere, la forza militare del paese non riuscì a tenere il passo.

L'ottimismo e idealismo si scontrarono bruscamente con la realtà nei primi decenni del nuovo secolo, con il coinvolgimento americano nella Prima guerra mondiale, la pandemia di influenza spagnola del 1918-19, il crollo della Borsa e la successiva "grande depressione", il "decadimento morale" dei ruggenti anni Venti e il disastro ecologico del Dust Bowl (una serie di tempeste di sabbia che colpirono gli Stati Uniti centrali tra il 1931 e il 1939). I bei tempi erano finiti. Con l'inizio del Proibizionismo, all'empia unione di grandi affari e politica corrotta si unì la criminalità organizzata (e, più tardi, i mass media pilotati); le "famiglie" che fino a quel momento avevano solo raccolto le briciole dell'economia americana cominciarono a consumarne grandi bocconi mentre gangster come Dillinger e Capone diventavano quasi degli eroi per i giornali e per l'opinione pubblica.

Gli Stati Uniti riuscirono a salvarsi da questa situazione solo con lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Il 7 Dicembre 1941, con l'Europa già duramente colpita da due anni di conflitti durante i quali gli Stati Uniti avevano preferito rimanere in disparte, l'America fu attaccata dall'impero nipponico. Nel giro di pochi giorni la Germania nazista e l'Italia fascista dichiararono guerra agli Stati Uniti; il conflitto cominciava anche per loro. Dopo aver imparato dai suoi errori, alla fine del 1942 il paese era passato all'offensiva su tutti i fronti e stava fornendo agli alleati le tonnellate di rifornimenti necessari per vincere la guerra, che ebbe fine nel 1945 con il lancio di due bombe atomiche su altrettante città giapponesi.

Ma la nuova superpotenza si trovò immediatamente invischiata in un diverso tipo di conflitto, a cui diedero inizio i sovietici erigendo una cortina di ferro intorno all'Europa orientale, i cinesi con la rivoluzione comunista e ancora i russi con i primi test atomici. In breve il "mondo libero" si schierò contro "l'impero del male" (ovvero l'Unione Sovietica, così definita dal presidente americano Reagan nel 1983). Occidente e Oriente si contesero "il cuore e la mente" di ogni abitante della Terra. In costante competizione in ogni campo (tra cui la corsa allo spazio e il progresso scientifico in generale), i contendenti spesero somme enormi e profusero grandi sforzi per costruire armi sempre più letali, rovesciare governi, creare alleanze armate, condurre complicate operazioni di spionaggio, mettere a tacere o assassinare i dissidenti politici, combattere guerre attraverso stati controllati e inondare l'etere con la loro propaganda. Intanto i cittadini di ogni paese osservavano il cielo nel costante terrore di vedere levarsi nuvole a forma di fungo. Nel 1989 la cortina di ferro fu finalmente abbattuta e le nazioni dell'Europa orientale si liberarono del giogo sovietico. Comunque la si guardi, la guerra fredda fu un colossale, costosissimo errore per tutti.

Gli Stati Uniti si godettero la nuova epoca di pace e autocompiacimento... per circa un decennio. L'11 settembre 2001, un gruppo di terroristi appartenenti a un'organizzazione chiamata "al-Qaeda" prese il controllo di alcuni aerei di linea e li fece schiantare contro le torri gemelle del World Trade Center, a New York, e contro il Pentagono. L'attacco fece quasi 3000 vittime, quasi tutte civili, e causò circa 10 miliardi di dollari di danni. La "guerra al terrore" era cominciata.

Nel bel mezzo di tutto questo, l'America si è mossa per mettere in pratica gli alti ideali di libertà e uguaglianza propugnati, anche se non sempre messi in pratica, a partire dalla sua fondazione. Dopo la Seconda guerra mondiale la società americana è stata attraversata da diversi movimenti sociali per l'uguaglianza delle donne, per i diritti civili e contro le discriminazioni su base razziale. In parallelo, gli Stati Uniti hanno cercato di proiettare all'estero il loro potere in modo morbido (ma non solo): dove possibile si sono affidati ai loro media e alla cultura americana per influenzare gli altri popoli, organizzando rivoluzioni e colpi di stato dove questo non era possibile.
PortraitSquare
icon_civilization_america

Tratti caratteristici

Leader
icon_leader_t_roosevelt
Teddy Roosevelt (l'Alce)
icon_leader_default
Teddy Roosevelt (Rough Rider)
icon_leader_default
Abraham Lincoln
Unità speciali
icon_unit_american_p51
P-51 Mustang
Infrastruttura speciale
icon_building_film_studio
Studio cinematografico

Geografia & Dati sociali

Posizione
Nordamerica
Dimensioni
Circa 9,6 milioni di kmq
Popolazione
Circa 318 milioni
Capitale
Varie (Philadelphia, New York, attualmente Washington)
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Tratti caratteristici

Leader
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Teddy Roosevelt (l'Alce)
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Teddy Roosevelt (Rough Rider)
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Abraham Lincoln
Unità speciali
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P-51 Mustang
Infrastruttura speciale
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Studio cinematografico

Geografia & Dati sociali

Posizione
Nordamerica
Dimensioni
Circa 9,6 milioni di kmq
Popolazione
Circa 318 milioni
Capitale
Varie (Philadelphia, New York, attualmente Washington)
Abilità esclusiva

Padri fondatori

Tutti gli slot per Politiche diplomatiche nel governo attuale sono convertiti in slot jolly.

Contesto storico
In termini storici, l'evoluzione dell'America da gruppo di colonie litigiose a superpotenza globale è stato rapidissimo. Prodotti da una serie di ondate di immigrazione, gli Stati Uniti sono attualmente la quarta nazione del mondo per estensione e la terza per popolazione, occupando l'intera ampiezza del continente nordamericano dall'Atlantico al Pacifico e comprendendo alcune delle città più grandi del mondo. L'America vanta il PIL (prodotto interno lordo) più alto ed è prima nel settore dei servizi, nell'industria dei media e per potenza militare (anche se escludiamo dal computo il suo arsenale nucleare). Si potrebbe sostenere che in questo momento gli Stati Uniti siano la prima "iperpotenza" del mondo.

La nascita degli Stati Uniti d'America si può far risalire alla fondazione di tredici colonie inglesi sulla costa orientale del continente nordamericano. Le colonie comprendevano secondogeniti squattrinati di buone famiglie inglesi, avventurieri pronti a tutto per far quattrini, detenuti, debitori in fuga, fanatici religiosi, estremisti politici e anche persone che andavano semplicemente in cerca di un futuro migliore. Altri immigrati (schiavi africani, lavoratori a contratto in stato di servitù e simili) non arrivarono per scelta, ma per loro sfortuna. Qualsiasi fosse la loro origine, questa chiassosa marmaglia gettò le basi del "melting pot", il crogiolo culturale.

I nuovi arrivati misero subito a frutto la loro potenza di fuoco superiore a danno delle popolazioni indigene, dando il via a due secoli di conflitti e atrocità. Nel 1776 le tribù native a est del Mississippi erano ormai totalmente annientate, scacciate o soggiogate. Grazie a una frontiera occidentale in costante espansione e al ruolo svolto per dare la vittoria agli inglesi nella guerra franco-indiana terminata nel 1763, gli "americani" avevano sviluppato uno sconveniente sentimento di autosufficienza e indipendenza. Dopo poche, brevi generazioni da quei primi insediamenti a Roanoke, Jamestown, Plymouth e in altri luoghi inospitali, gli americani osarono esigere dalla Corona un trattamento identico a quello accordato ai cittadini nella madrepatria.

Guidati dalle famiglie più influenti della Virginia e dagli intellettuali del New England, i coloni che avevano celebrato insieme agli inglesi la vittoria sulla Francia arrivarono soli 12 anni dopo a imbracciare le armi contro la stessa Britannia. Se il parlamento inglese avesse letto il "Modo per ridurre a piccolo stato un grande impero", un opuscolo satirico scritto nel 1773 da Ben Franklin con un succinto elenco delle rimostranze delle colonie, forse l'Inghilterra avrebbe rinunciato prima alle Americhe, considerandole un investimento troppo fastidioso. Come nella maggior parte delle liti in famiglia, il fattore più importante erano i soldi: i coloni non sopportavano quelli che consideravano vincoli economici ingiusti e l'eccessiva tassazione imposta dalla Gran Bretagna. Intanto gli inglesi (insieme a pochi ma agguerriti lealisti) sembravano pensare che gli americani fossero un mucchio di ingrati che non avevano idea di quanto la Corona stesse spendendo per la loro protezione e il loro progresso.

Alla fine degli anni 70 del Settecento le colonie americane erano in aperta rivolta. Il 4 luglio 1776, dopo un acceso dibattito, i loro rappresentanti dichiararono unilateralmente l'indipendenza, scatenando la rivoluzione americana. I combattimenti infuriarono dall'aprile del 1775 fino a tutto l'ottobre del 1781. Come tutti i conflitti civili si trattò di una faccenda piuttosto confusa, con guerriglia al sud e molte marce forzate da una parte all'altra al nord. I continentali (com'erano chiamati i coloni ribelli) erano inferiori per numero e potenza di fuoco all'esperto esercito inglese, ben addestrato e già provato in battaglia, soprattutto se consideriamo che la famosa marina britannica aveva il controllo assoluto dei mari... finché, alla fine degli anni 70, Francia e Spagna si unirono al conflitto.

Verso la fine del 1781 l'Esercito Continentale stava assediando le forze britanniche del generale Cornwallis a Yorktown. La presenza della marina francese impedì la fuga degli inglesi, così Cornwallis si arrese a George Washington, eroe della rivoluzione. Due anni dopo fu finalmente stipulato un trattato di pace che concedeva alla nuova repubblica tutte le terre a est del Mississippi (tranne la Florida, che andò alla Spagna), permetteva ai mercanti americani di svolgere liberamente la loro attività in tutto il globo e riconosceva formalmente la nuova nazione.

Chiuso questo spiacevole incidente, i "patrioti" americani si dedicarono a mettere insieme una repubblica federale. Il primo tentativo, con gli "Articoli della Confederazione ed Eterna Unione" ratificati nel 1781, si dimostrò straordinariamente inefficace: il nuovo governo non aveva l'autorità di tassare i cittadini, non poteva mantenere una forza militare e non possedeva neppure un organo esecutivo per governare. I leader del nuovo Congresso degli Stati Uniti notarono rapidamente queste e altre magagne; nel 1787 si ritrovarono in segreto a Philadelphia per modificare gli Articoli. Invece di far questo, dopo molte discussioni e discorsi pomposi si decise di scrivere una nuova Costituzione, che fu adottata nel 1789 e diede al governo degli Stati Uniti la sua forma attuale... più o meno. Nello stesso anno Washington fu eletto primo presidente. Nel 1791 fu aggiunto un "Bill of Rights" ("Dichiarazione sui diritti"); da allora sono stati aggiunti altri 17 emendamenti e altri sei sono stati proposti.

Ora che "la vita, la libertà e la ricerca della felicità" erano garantite ai cittadini, la nuova nazione si mise all'opera per ottenere la propria, di felicità... attraverso una rapida espansione. Nel 1803 Napoleone Bonaparte, a cui non interessava avere un avamposto su un continente lontano e barbarico, vendette i territori francesi della Louisiana agli Stati Uniti in quello che è rimasto il più grande trasferimento di proprietà terriere della storia. Non avendo una chiara idea di ciò per cui aveva pagato la somma esorbitante di 11,25 milioni di dollari, il presidente Jefferson inviò un paio di ufficiali militari affinché esplorassero i nuovi territori e tornassero a fare rapporto. Alla fine risultò che le dimensioni della nuova nazione erano praticamente raddoppiate. Ma questa non fu certo la fine dell'espansione americana, che durò fino al 1853, quando gli Stati Uniti assunsero la loro configurazione attuale nel continente.

Ma l'espansione portò con sé il conflitto, e nel 1861 scoppiò la lite di famiglia definitiva: la guerra civile. Seguirono quattro anni di aspro conflitto, che lasciarono sul terreno 600.000 morti e causarono 400.000 feriti. Il risultato fu l'emancipazione degli schiavi, con il conseguente virtuale annientamento dell'economia del Sud (che era totalmente basata sul loro lavoro). L'eco di questa profonda divisione si può ancora ritrovare nella politica statunitense dei giorni nostri.

Senza più distrazioni, e spinta da un senso di "destino manifesto", dalla speranza di una vita migliore e dalla solita sete di avventura e ricchezze, una torma di coloni, cercatori d'oro, mercanti, predicatori e banditi si riversò nelle terre occidentali. Nel giro di un paio di generazioni anche gli angoli più remoti dell'America avevano acquisito una parvenza di civiltà (dopo il massacro degli abitanti indigeni), grazie alle fortune ottenute con i minerali, il bestiame e il legname. Sempre più famiglie timorate di Dio si trasferivano in questo "selvaggio West". Intanto, sulla costa orientale e lungo il golfo, continuavano a sbarcare gli immigrati europei attratti dal "sogno americano". Queste persone morirono a migliaia arando la terra, costruendo le ferrovie, scavando nelle miniere e imponendo una legge che non fosse quella del più forte.

Nonostante molte distrazioni in terre lontane, all'inizio del XX secolo gli americani erano un popolo ottimista, pervaso da una compiacente fiducia nel liberalismo e in un progresso fatto di riforme politiche, scoperte scientifiche, urbanizzazione e imperialismo. Intanto, gli autori e i compositori stavano sviluppando la nuova letteratura e la nuova musica americana. Ma mentre il suo potere industriale, culturale ed economico continuava a crescere, la forza militare del paese non riuscì a tenere il passo.

L'ottimismo e idealismo si scontrarono bruscamente con la realtà nei primi decenni del nuovo secolo, con il coinvolgimento americano nella Prima guerra mondiale, la pandemia di influenza spagnola del 1918-19, il crollo della Borsa e la successiva "grande depressione", il "decadimento morale" dei ruggenti anni Venti e il disastro ecologico del Dust Bowl (una serie di tempeste di sabbia che colpirono gli Stati Uniti centrali tra il 1931 e il 1939). I bei tempi erano finiti. Con l'inizio del Proibizionismo, all'empia unione di grandi affari e politica corrotta si unì la criminalità organizzata (e, più tardi, i mass media pilotati); le "famiglie" che fino a quel momento avevano solo raccolto le briciole dell'economia americana cominciarono a consumarne grandi bocconi mentre gangster come Dillinger e Capone diventavano quasi degli eroi per i giornali e per l'opinione pubblica.

Gli Stati Uniti riuscirono a salvarsi da questa situazione solo con lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Il 7 Dicembre 1941, con l'Europa già duramente colpita da due anni di conflitti durante i quali gli Stati Uniti avevano preferito rimanere in disparte, l'America fu attaccata dall'impero nipponico. Nel giro di pochi giorni la Germania nazista e l'Italia fascista dichiararono guerra agli Stati Uniti; il conflitto cominciava anche per loro. Dopo aver imparato dai suoi errori, alla fine del 1942 il paese era passato all'offensiva su tutti i fronti e stava fornendo agli alleati le tonnellate di rifornimenti necessari per vincere la guerra, che ebbe fine nel 1945 con il lancio di due bombe atomiche su altrettante città giapponesi.

Ma la nuova superpotenza si trovò immediatamente invischiata in un diverso tipo di conflitto, a cui diedero inizio i sovietici erigendo una cortina di ferro intorno all'Europa orientale, i cinesi con la rivoluzione comunista e ancora i russi con i primi test atomici. In breve il "mondo libero" si schierò contro "l'impero del male" (ovvero l'Unione Sovietica, così definita dal presidente americano Reagan nel 1983). Occidente e Oriente si contesero "il cuore e la mente" di ogni abitante della Terra. In costante competizione in ogni campo (tra cui la corsa allo spazio e il progresso scientifico in generale), i contendenti spesero somme enormi e profusero grandi sforzi per costruire armi sempre più letali, rovesciare governi, creare alleanze armate, condurre complicate operazioni di spionaggio, mettere a tacere o assassinare i dissidenti politici, combattere guerre attraverso stati controllati e inondare l'etere con la loro propaganda. Intanto i cittadini di ogni paese osservavano il cielo nel costante terrore di vedere levarsi nuvole a forma di fungo. Nel 1989 la cortina di ferro fu finalmente abbattuta e le nazioni dell'Europa orientale si liberarono del giogo sovietico. Comunque la si guardi, la guerra fredda fu un colossale, costosissimo errore per tutti.

Gli Stati Uniti si godettero la nuova epoca di pace e autocompiacimento... per circa un decennio. L'11 settembre 2001, un gruppo di terroristi appartenenti a un'organizzazione chiamata "al-Qaeda" prese il controllo di alcuni aerei di linea e li fece schiantare contro le torri gemelle del World Trade Center, a New York, e contro il Pentagono. L'attacco fece quasi 3000 vittime, quasi tutte civili, e causò circa 10 miliardi di dollari di danni. La "guerra al terrore" era cominciata.

Nel bel mezzo di tutto questo, l'America si è mossa per mettere in pratica gli alti ideali di libertà e uguaglianza propugnati, anche se non sempre messi in pratica, a partire dalla sua fondazione. Dopo la Seconda guerra mondiale la società americana è stata attraversata da diversi movimenti sociali per l'uguaglianza delle donne, per i diritti civili e contro le discriminazioni su base razziale. In parallelo, gli Stati Uniti hanno cercato di proiettare all'estero il loro potere in modo morbido (ma non solo): dove possibile si sono affidati ai loro media e alla cultura americana per influenzare gli altri popoli, organizzando rivoluzioni e colpi di stato dove questo non era possibile.
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