All'inizio del Rinascimento un certo numero di piccole nazioni rese ricche dal commercio, soprattutto in Italia e sul Baltico, abbracciarono gli ideali repubblicani. In queste "repubbliche mercantili" i governanti, solitamente un consiglio di mercanti guidati da un sindaco o doge, erano eletti dai cittadini e avevano lo scopo principale di aumentare la ricchezza collettiva della città-stato. Le questioni militari erano ovviamente importanti, ma vertevano per lo più sull'apertura e la difesa delle rotte commerciali, mentre la diplomazia si concentrava su argomenti come dazi, tasse di importazione e aspetti finanziari. In breve, nelle repubbliche mercantili era il capitale a farla da padrone, e l'approccio di governo era estremamente pragmatico: certo, talvolta poteva capitare che si lasciassero prendere la mano da qualche incauto sogno di gloria, come quando l'anziano doge Enrico Dandolo spinse Venezia a partecipare alla Quarta Crociata e al sacco di Costantinopoli.

In genere queste repubbliche sorsero nelle regioni europee in cui il controllo feudale da parte di una monarchia assolutista era minimo o totalmente assente. Nel Sacro Romano Impero, cinquantuno "libere città" stabilirono repubbliche mercantili, molte delle quali successivamente si unirono nella Lega anseatica. Più a est, due città russe - Novgorod e Pskov - mantennero lo stato di repubblica fino al XV secolo, quando il Granducato di Mosca mise fine a ogni velleità di indipendenza da parte loro. Ma la grandezza delle repubbliche mercantili raggiunse l'apice in Italia, dove potenti città-stato come Venezia, Genova, Pisa, Firenze e altre dominarono il panorama politico fino all'arrivo di Napoleone.